WELFARE, CRESCE IL NUMERO DI PMI CHE NE INNALZA IL LIVELLO

“Il welfare aziendale: strategia per la crescita economica delle imprese e il benessere dei lavoratori” è il titolo del focus che la SDA Bocconi (la graduate business school dell’Università Bocconi) ha effettuato monitorando le PMi del nostro paese. Ciò che ne emerso dopo un’attività di studio di circa un anno è che una politica di welfare ben congeniata e strutturata porterebbe ad un incremento dei ricavi addirittura del 10% della stessa azienda che ne è artefice. E non solo, perchè oltre ad innalzare il grado di coinvolgimento e partecipazione del lavoratore alla vita e organizzazione dell’azienda, ci sarebbero anche ampi margini di aumento delle probabilità che lo stesso decida di diventare genitore durante il periodo occupazionale. Stando a questi risultati ne consegue che una pianificazione welfare ben congeniata e strutturata migliorerebbe non solo la vita privata del lavoratore (e della sua famiglia) ma recherebbe dunque vantaggi all’impresa stessa in termini di produttività passando dal canale della ‘fidelizzazione’ del personale. 

Guardando a numeri e percentuali, dal focus della SDA Bocconi è emerso che oggi il 68% delle PMI ha superato il livello base del welfare d’azienda, mentre il 24,7% ha addirittura superato il livello più elevato stabilendo un miglioramento decisamente importante se si pensa che nel 2016 questa percentuale si attestava sul 10,3% appena. Nello specifico, il Testo Unico Relativo alle Imposte sui redditi (Tuir) definisce quelle che sono le categorie che possono entrare nel ranch del welfare aziendale (e che quindi non contribuiscono a formare reddito da lavoro dipendente (con vantaggio sulla tassazione): prestazioni sanitarie, servizi come l’assistenza agli anziani e il baby-sitting, finanziamenti per corsi di formazione extraprofessionali, Master e università, o attività extrascolastiche e sportive.